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Dalla consistente prole della famiglia di D. Annibale Minici, avuta dal doppio matrimonio, il primogenito D. Giuseppe (di nome come il nonno Dottore) ereditò buona parte del suo notevole patrimonio terriero, divenendo un ricco proprietario.
Si pensi che nel 1818, quando fu introdotta la Tassa Civica sull’uso delle montagne demaniali facendo utile di ghianda, pascolo, legna, ghianda, ecc., a D. Annibale Minici, oltre alla sua attivitĂ di aromatario, gli fu imposto il pagamento di ducati 28.30, per aver utilizzato le ghiande prodotte dalle querce del territorio comunale, per pascolo di 4 bovi d’aratro, di 450 pecore, di 30 tra scrofe e neri e per il fabbisogno di legna trasportata con una mula.Â
Per quell’anno, il farmacista D. Annibale si vide assommare tale cifra che risultò il secondo tassato di Roccella, il primo fu D. Nicola Cappelleri.
Il 16 Luglio 1816, davanti al Sindaco Giuseppe Mazzone, si celebrò il matrimonio fra D. Giuseppe Minici di anni 21, primogenito di D. Annibale, come detto, domiciliato Strada Saddeo, e D. Rosa Mazzone (sorella del Sindaco) figlia maggiore del fu D. Pietro Mazzone e D. Vittoria Paganica (D. Pietro Mazzone fu trucidato dai briganti a Martone il 20 Giugno 1807). D. Annibale Minici promise come dote di matrimonio per il figlio, la quarta parte di tutti i suoi beni mobili e immobili, nonché denaro, mentre Donna Vittoria, garantì al futuro sposo la dote di 1500 ducati. Tali accordi furono sanciti da atto notarile. D. Giuseppe Minici si stabilì nel palazzo poco distante da dove sorgeva il vecchio Fundaco, attorniato dalle case di tutti gli altri parenti Minici. Tale insediamento parentale è perdurato fino ai nostri giorni, in quanto risiedono gli eredi.
Quella che noi oggi conosciamo come Via Vittorio Emanuele, nei secoli passati era documentata nelle varie indicazioni: Strada de la Cruce, Strada Fundaco, Via Zaddeo, e perfino Strada Minici.
Il proprietario D. Giuseppe Minici ricoprì la carica di Sindaco nel periodo tra il 1820 e 1823. La coppia Minici – Mazzone ebbe 8 figli, di cui al primo, morto infate, fu dato il nome del nonno paterno Annibale, al secondo, come tradizione, si diede il nome del nonno materno, Pietro. Come ogni rispettabile famiglia, a Pietro toccò intraprendere gli studi ecclesiastici. Divenuto Reverendo Sacerdote, anche a lui lo attese un triste destino. Erano cugini e quasi coetanei con Pietro Mazzone, uno dei cinque martiri di Gerace, e per tale motivo visse negli affetti la tragedia della sua fucilazione. In tale circostanza fu arrestato il fratello piĂą piccolo Francesco Minici, accusato di aver partecipato al moto insurrezionale di Gerace.Â
Il Sacerdote Pietro Minici morì all’età di 35 anni, giusto in tempo di vedere il matrimonio di suo fratello Francesco con la cugina Vittoria Mazzone, sorella maggiore del Patriota. Frattanto, una loro sorella, D. Teresina Minici sposò il valente Dottore D. Luigi Filocamo, figura di primo piano di Roccella e fu sepolto nella Chiesa di S. Giuseppe.
Le tragedie di casa Minici-Mazzone non finirono con la morte del Sacerdote Pietro. Nel 1858 morì D. Francesco Minici, anche lui a 35 anni come il fratello. D. Vittoria, rimasta vedova, non si risposò, dedicandosi alla crescita dell’unico figlio nato, D. Giuseppe Minici. Sembra che su D. Vittoria Mazzone, si sia concentrata una successione di prestabiliti e funesti destini che la accompagnarono per tutta la sua vita. Sin dalla sua nascita ha dovuto vivere le vicende della “Famiglia Sventurata” Mazzone, così autodefinita. Si cominciò con la perdita della madre D. Marianna Barba, che morì quando lei aveva 3 anni. Continuò a crescere nel ricordo dei familiari della tragedia perpetrata dai briganti contro D. Pietro Mazzone, il fratello Felice e il suo primogenito Luigi, rispettivamente nonno, prozio e zio di D. Vittoria. Il dolore continuò con la fucilazione del suo adorato e unico fratello Pietro. Proseguì con la morte della nonna Vittoria Paganica che le fece da madre, a questa si aggiunse la morte del padre D. Giuseppe Mazzone, e delle sue tre zie Mazzone che l’aiutarono a crescere, continuò con la morte del cugino-cognato sacerdote D. Pietro Minici e per finire con la prematura morte del marito D. Francesco.
D.Vittoria visse tutte le sue disgrazie familiari nel suo palazzo dell’odierna Via Vittorio Emanuele, cessando di vivere il 14 Dicembre 1878.